DAVID LACHAPELLE – FULMINI la mostra al Salone degli Incanti a Trieste dal 22 aprile

DAVID LACHAPELLE

PER LA PRIMA VOLTA IN FRIULI VENEZIA GIULIA, A TRIESTE,
LA MOSTRA CHE RIPERCORRE CINQUANT’ANNI DI ATTIVITÀ
CREATIVA DI UNO DEGLI ARTISTI PIÙ INFLUENTI E STIMOLANTI
DEL PANORAMA MONDIALE

*SCHEDE OPERE DAVID LACHAPELLE FULMINI

La Chapelle, PH Fabrice_Gallina

Lampi di luce illuminano Trieste. Sono quelli del fotografo statunitense David LaChapelle, uno degli artisti più influenti e stimolanti del panorama mondiale, che per la prima volta ha scelto di portare in Friuli Venezia Giulia, nella città capoluogo, la sua nuova esposizione dal titolo “David LaChapelle-Fulmini”, in programma da sabato 22 aprile a martedì 15 agosto negli spazi del Salone degli Incanti. Inaugurata oggi alla presenza di David LaChapelle, l’esposizione è pronta a stupire per i prossimi mesi, offrendo un’occasione unica per apprezzare le opere dell’artista americano in un percorso narrativo affascinante e spettacolare.

«Ci sono moltissime storie che vengono raccontate in questa mostra che si chiama Fulmini.Dichiara David LaChapelle nel corso della conferenza stampa -. Il fulmine quando colpisce è come l’ispirazione che arriva in modo inaspettato. È elettricità. Crea un collegamento e illumina. Io spero allo stesso modo con la mia arte di illuminare, entrare in contatto con l’osservatore. Nella mia carriera non sono mai stato interessato a quello che l’arte poteva darmi, ma a quello che io potevo dare al mondo tramite i miei lavori.

Spero quindi di creare delle opere che siano comprensibili dall’osservatore senza ambiguità, incertezza, confusione e oscurità, collegandomi con il pubblico attraverso una connessione che è forza elettrica e incontrando persone che, di fatto, non conosco. Questo è lo scopo di quello che faccio. Spero di dare speranza e fede, oltre che infondere ottimismo, toccare i visitatori, farli sorridere».

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Una mostra immersiva ed emozionante che, con 92 opere dai mille colori, vuole ripercorrere gli ultimi cinquant’anni di attività creativa che hanno caratterizzato la brillante carriera di David LaChapelle e in cui, per la prima volta, saranno esposte anche a 10 immagini in formato extra large che rendono ancora più spettacolare un viaggio già di per sé unico e coinvolgente.

Al centro di questo ricco percorso espositivo ci sono i fenomeni naturali che, uniti alle azioni dell’uomo, del caos e del paradiso, sanno generare una forza dirompente, in grado di cristallizzare e illuminare l’attimo. Un’azione tipica dei fulmini, ma anche dei flash del fotografo intento a eternizzare un momento.

David LaChapelle – Fulminidà così occasione all’artista di mettere a nudo le sue riflessioni sull’umanità: opera dopo opera, sarà possibile vivere nel principio il dramma dell’attimo, immortalato prima in una maestosa nave da crociera ricomposta nelle forme di un ghiacciaio, poi in un diluvio dei giorni nostri che minaccia l’avvenire di Las Vegas e, infine, in alcune storie bibliche materializzate in visioni contemporanee.

Non mancano poi scene più intime, riferite a paesaggi popolati da angeli, santi, fiori e figure mitologiche, frutto di un lavoro artigianale in cui le immagini sono elaborate da LaChapelle con interventi pittorici sui negativi: una tecnica che consente all’artista di ottenere un insieme unico e inconfondibile.

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Entrando nel dettaglio della mostra, le opere raccolte negli spazi del Salone degli Incanti raccontano le due fasi artistiche della carriera di David LaChapelle: la prima che immortala in chiave dissacrante il decennio a cavallo del nuovo millennio, con caricature di situazioni e comportamenti assunti da personaggi della musica, del cinema, della moda e della politica. La seconda, invece, che proietta il suo lavoro in una dimensione nuova, più estetica e mistica, in cui emerge l’impatto nell’arte del passato e la ricerca di sé stesso nella natura.

La mostra “David LaChapelle – Fulmini” è curata dallo Studio di David LaChapelle con la direzione artistica di Gianni Mercurio, è promossa da Regione Friuli Venezia Giulia e Comune di Trieste ed è organizzata da PromoTurismoFVG in collaborazione con Madeinart.

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NOTE BIOGRAFICHE
David LaChapelle nasce nel Connecticut nel 1963 e frequenta la scuola d’arte del North Carolina. La sua iniziale vocazione di pittore gli ispira la tecnica analogica della pittura a mano su negativo, che gli consente di definire lo spettro cromatico ideale poi impresso sulla pellicola. A 17 anni LaChapelle si trasferisce a New York. Nella sua prima mostra di fotografie alla Gallery 303 si fa notare da Andy Warhol, che lo assume nella rivista Interview Magazine. Grazie alla sua padronanza nell’uso dei colori, all’originale tecnica compositiva e alla creatività spiccata della sua narrativa, LaChapelle inizia a valicare i confini del genere fotografico, allestendo tableaux, ritratti e nature morte che sfidano la tecnica tradizionale, portando presto l’artista alla ribalta internazionale.
In un articolo apparso nel 1997 sul New York Times si legge: “LaChapelle è destinato indubbiamente a influenzare le opere della prossima generazione… proprio come Avedon ha precorso ciò che oggi ci è ormai familiare”. Nei pochi decenni trascorsi da allora, LaChapelle è di fatto annoverato tra i fotografi più pubblicati al mondo, con una lunga serie di libri che vanno da LaChapelle Land (1996), Hotel LaChapelle (1999), Heaven to Hell (2006), Lost & Found e Good News (2017). Al contempo, il suo lavoro ha spaziato tra i generi più disparati, dai video musicali ai progetti teatrali e cinematografici. Nel 2005, il suo film Rize è stato proiettato nelle sale di 17 paesi nel mondo. Molti dei suoi lavori fotografici e cinematografici sono ormai icone dell’America del XXI secolo. LaChapelle ha esposto le sue opere in gallerie e musei di tutto il mondo, tra cui la National Portrait Gallery, il Barbican Centre e il Victoria and Albert Museum a Londra, il Musée de la Monnaie e il Musee D’Orsay a Parigi, , il Museum of Art a Tel Aviv, il Groninger Museum in Olanda, Palazzo delle Esposizioni a Roma, Palazzo Reale a Milano, la National Portrait Gallery a Washington D.C., la Casa dei Tre Oci a Venezia, la Venaria Reale a Torino, il MUDEC a Milano e il Fotografiska a New York. IG @davidlachapelle_fulmini

INFORMAZIONI E ORARI:
Da lunedì a venerdì 10.00 – 20.00 (ultimo ingresso ore 19.00)
Sabato domenica e festivi infrasettimanali 10.00 – 21.00 (ultimo ingresso ore 20)
Martedì chiuso
Aperture straordinarie
25 aprile ore 10.00-21.00
1° maggio ore 10.00 -21.00
2 giugno ore 10.00-21.00
15 agosto ore 10.00 -21,00

BIGLIETTI
Biglietti individuali:

Intero: € 17,00
Ridotto: € 13,00 studenti universitari fino a 25 anni con tessera di riconoscimento; senior over 65; giornalisti non accreditati con tessera OdG e bollino dell’anno in corso; forze dell’ordine; insegnanti; guide turistiche con patentino al seguito
Ridotto speciale: € 7,00 ragazzi 6-18 anni

Pacchetto family 1 o 2 adulti + bambini
Bambino da 6 a 18 anni: adulto € 13,00 + ragazzi € 7,00
Bambino fino a 5 anni: adulto € 13,00 + bambini gratis
Gratuito
Bambini fino ai 5 anni

Persone con disabilità certificata a partire dal 50% o in possesso di Disability Card, un accompagnatore per disabile che presenti necessità

Possessori di FVGcard

Giornalisti accreditati (previa indicazione di testata e data della visita, la richiesta deve pervenire almeno 24 ore prima inviando una mail a press@promoturismo.fvg.it).

SCHEDE OPERE DAVID LACHAPELLE FULMINI:

DELUGE

Il tema del diluvio deriva la sua iconografia più classica dalle storie del Vecchio Testamento. Il racconto biblico è un’efficace metafora delle tempeste politiche e religiose che affliggono il nostro tempo, della crisi morale che tutto travolge: uomini e donne, bambini e vecchi cercano un appiglio aggrappandosi l’un l’altro; intorno a essi i simboli dell’economia e delle leadership occidentali affondano, portandosi dietro il loro corredo di beni materiali ed effimeri. La ricerca spasmodica della salvezza e di valori autentici tesse la nuova trama di un affresco umano che LaChapelle costruisce con la sensibilità dello scultore. Le pose plastiche, la bellezza dei corpi, l’intensità e la commozione che permeano la scena sono presentate alla stregua di un grandioso teatro di posa restituito come un’immagine congelata. Di fronte all’arte di Michelangelo si spalancano le porte dell’eternità e questo fa di lui l’artista che nei secoli meglio ha saputo descrivere l’umanità, e con essa la bellezza: è questa l’idea del “sublime” che affascina LaChapelle, il cui lavoro da sempre è immerso nelle tradizioni dell’arte del passato.

MUSEUM – CATHEDRAL – AWAKENED –

Al tema dell’acqua, intesa come elemento di distruzione e di rinascita, sono collegati Awakened, Cathedral, Museum e Statue. Qui i destini umani individuali, e con essi il patrimonio dell’arte, vista come massima manifestazione dell’uomo, fluttuano in una dimensione liquida, che non è più deriva ma “soglia”, passaggio dell’esistenza.

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La sala vuota di un museo allagato riflette il silenzio e l’immagine fragile di una dimensione materiale che presto sarà dissolta, come tutti gli oggetti cui l’impero dei consumi – e con esso il sistema dell’arte – ha assegnato un valore preminentemente commerciale. Gli uomini e le donne di Awakened, i cui nomi sono tutti di ispirazione biblica come il titolo della serie, sono illuminati da una luce verosimilmente divina, sospesi in un’apnea che li riporta alla condizione amniotica, quell’anticamera del risveglio che prelude a una rigenerazione del corpo e dell’anima.

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Questa immagine dalle dimensioni imponenti è frutto di una complessa ricostruzione in studio che fa riferimento al padiglione disegnato da Renzo Piano per il suo primo intervento d’ampliamento del Los Angeles Country Museum of Art, il padiglione dove è esposta la collezione d’opere contemporanee donate dal mecenate milionario Eli Broad. All’interno della grande sala espositiva si riconoscono, tra le altre, opere di Damien Hirst, Richard Prince, Jeff Koons, Takashi Murakami.

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La mercificazione dell’arte e degli artisti non era mai arrivata a questi livelliha dichiarato LaChapelle, che immagina gli effetti di una catastrofe sismica: the Big One, come è stato battezzato nell’immaginario universale, il più potente terremoto che potrebbe verificarsi negli Stati Uniti in un futuro non troppo lontano. Così il museo di Los Angeles diviene il microcosmo all’interno del quale l’onda tellurica trova un nuovo epicentro. In questo scenario l’arte e il sistema di mercato che l’alimenta collassano irrimediabilmente. Il tema non è nuovo all’interno della produzione di LaChapelle, che vede nell’apparato economico intorno al quale ruotano i “titoli” legati ai prodotti artistici la negazione di ogni valore spirituale e umano.

LA TERRA RIDE NEI FIORI/EARTH LAUGHS IN FLOWERS

La serie “Earth Laughs in Flowers” affronta il tema della Vanitas, un motivo sotteso a molte opere di LaChapelle ma qui enfatizzato dal riferimento alla tradizione iconografica barocca con il trionfo della natura morta floreale. Il titolo della serie, che è una citazione letteraria tratta dalla poesia “Hametreya” di Ralph Waldo Emerson (scrittore e filosofo americano vissuto nel XIX secolo), offre una chiave di lettura che riposiziona, e per certi versi capovolge, il concetto stesso di caducità: i fiori recisi, simbolo della condizione effimera dell’esistenza, qui diventano un’espressione eccessiva, sfacciata come uno sberleffo della natura. Le forme e i colori dopati, le luci e i riflessi della plastica compongono un’iperbole figurativa e iperrealistica che porta con sé i segni dell’accelerazione consumistica e delle produzioni geneticamente modificate. Più che un monito sulla fragilità della bellezza, i temi floreali di LaChapelle sono la risposta ammiccante e impudente alla pretesa umana di dominare, conformandolo ai propri modelli sociali, ogni aspetto della natura.

NATURA MORTA/STILL LIFE

“Still Life”, che letteralmente indica un genere rappresentativo dove la vita è ferma, fissata in una forma immobile, dà il titolo a una insolita serie fotografica attraverso la quale LaChapelle offre un’inquietante quanto macabra galleria di “ritratti” famosi. Dopo aver appreso che il Museo Nazionale delle Cere di Dublino è stato teatro di un violento atto di vandalismo che ha causato danni all’intera collezione di statue, il fotografo ottiene il permesso di effettuare gli scatti che compongono questo ciclo. I soggetti vanno da Ronald Reagan a Leonardo di Caprio, da Michael Jackson a Theodore Roosvelt, dalla principessa Diana a Re Carlo III. Le effigi inanimate di questi personaggi noti giacciono smembrate e orribilmente ricomposte sullo sfondo di cartoni per l’imballaggio, con un effetto che amplifica la sensazione del disfacimento legata al destino della carne, perché la estende alle icone celebrative in forma di simulacro. Questo magazzino umano, fatto di volti in pezzi e di arti amputati, è un monito sulla natura fugace della fama e del potere e allo stesso tempo contiene una nota cinica puntata sulla fascinazione perversa che lo spettacolo della caduta degli idoli esercita. Spettacolo ancora più inquietante se si pensa che molte di queste celebrità in passato sono state fotografate da David LaChapelle.

STAZIONI DI RIFORNIMENTO/GAS STATIONS

Le Gas Stations, le stazioni di rifornimento, viste da un luogo e da un tempo futuro, saranno scoperte come resti architettonici di un mondo perduto, come i templi aztechi o l’isola di Pasqua. Le culture future, con altre preoccupazioni, si interrogheranno sul loro significato. Come sono finite lì? Perché sono state costruite? In che modo hanno contribuito all’ascesa e alla caduta di questa civiltà? Le Gas Stations sono state fotografate nelle foreste pluviali del Maui. Questa antica giungla può inghiottire il passato e al contempo rappresentare la materia stessa che ha creato il combustibile. Con echi del vuoto tranquillo di un quadro di Edward Hopper, le Gas Stations sono una nuova interpretazione del paesaggio americano. Esemplificano un isolamento che prolifera ed è profondamente radicato nella nostra cultura. I modelli analogici in scala rivelano le imperfezioni della mano dell’uomo, un po’ nello stesso modo in cui il nostro sistema artificiale per creare energia è imperfetto. Queste immagini tuttavia non sono didattiche, non condannano e non giustificano. Semplicemente esistono, sono ciò che ha reso possibile il nostro mondo, ma sarà l’approccio che sceglieremo adesso a decidere il nostro destino.

PAESAGGIO/ LANDSCAPE

Nella serie “LandScape” le raffinerie di LaChapelle si stagliano luccicanti e colorate sullo sfondo di cieli intensi, solcati dai fumi e dai riflessi iridescenti di un sogno artificiale che ipnotizza. orizzonti dove l’umanità è scomparsa ma i complessi industriali sono incessantemente attivi. Il back-stage di questo progetto fotografico, documentato attraverso un video, svela il processo tecnico con cui sono stati resi i paesaggi spettacolari qui rappresentati. Nessuna manipolazione digitale o effetto di postproduzione: il set è una costruzione in microscala realizzata da una squadra di professionisti specializzati nelle scenografie per l’animazione; un lavoro artigianale ad alta precisione, condotto mediante l’assemblaggio di oggetti riciclati e prodotti dell’industria come bicchieri di plastica, cannucce, lattine, cartoni. I plastici così ottenuti sono stati poi collocati nel contesto di un panorama reale, come il deserto californiano, e ripresi durante diverse ore del giorno, quando l’atmosfera vira nelle tinte dell’alba o della notte. I temi ecologici intorno ai quali ruotano le recenti produzioni di LaChapelle non si traducono nella durezza della denuncia sociale, non prefigurano scenari desolati, al contrario danno forma a miraggi scintillanti, attraenti come luna park. In essi la linea sottile che divide la proiezione distopica dalla fantasia utopica si annulla per lasciare posto a un’astrazione dove si mescolano immaginari ed evocazioni che vanno dagli universi pittorici di Bosch al simbolismo romantico, passando per il futurismo e i classici della letteratura fantasy che hanno segnato alcune pietre miliari nella storia del cinema.

ARISTOCRAZIA/ARISTOCRACY

In Aristocracy tasselli di cielo colorato a tinte sature e innaturali sono lo scenario di una guerra ad alta quota dove stormi d’aeroplani privati incrociano le loro rotte come uccelli impazziti. “Aristocracy fa riferimento a una classe vip, a un gioco d’alta società e rappresenta la parabola esibizionista di uno snobismo che sfocia nella performance acrobatica e nella perdita di senso.
Gli aerei nel mio trittico Aristocracy”, ha dichiarato LaChapelle, non rappresentano una visione apocalittica, sono solo persi tra cielo e terra. Sono affascinato dal jet-set di oggi e dal mondo separato dal nostro in cui questa gente abita. vedo in Aristocracy cose perdute. Gli aerei girano in tondo tracciando spirali confuse. l’accumulo incessante di lusso e ricchezza. la smania continua per acquisire di più̀, e la fatica dell’accumulo. la sete inestinguibile del materialismo e la corsa verso mete irraggiungibili. una corsa continua, inquieta, senza fine”.

LIZ AND MARILYN

LaChapelle all’inizio della sua carriera ha collaborato con Andy Warhol alla rivista ‘Interview’. Per lui la cultura pop trova un’immediata corrispondenza con un linguaggio indirizzato al largo pubblico, che antepone allo spazio elitario della galleria la pagina del magazine a grande tiratura. Mutuando dal Pop la carica ironica, LaChapelle rivisita opere celebri, che diventano oggetto di nuove riflessioni. Affronta così temi quali l’accettazione delle diversità in primo luogo, con il ritratto di Marylin interpretata dalla modella transessuale Amanda Lepore – indiscutibilmente la preferita tra tutte le modelle di LaChapelle – oppure quello di Liz Taylor, che insieme al ritratto della Monroe è tra le più popolari immagini di Warhol, sempre incarnato dalla Lepore col suo sorriso ammiccante e ambiguo.
Per me, la Pop Art ha sempre significato che fosse accessibile, che si trattasse di raggiungere la popolazione, di cose di interesse e interesse popolare. Questo è cambiato, le idee sono cambiate nel tempo fino a quando il pop è già diventato meno un movimento e più una forma d’arte, come la musica, o la pittura, o le arti visive, c’è la Pop Art“.

LA SOCIETA’ DELLO SPETTACOLO/ ENTERTAINMENT SOCIETY

David LaChapelle rappresenta in chiave ironica e spregiudicata vizi, ossessioni, e violenza che affliggono la realtà contemporanea, che trasferisce nelle immagini attraverso ritratti di personaggi pubblici e star: “Voglio guardare le persone in un modo diverso rispetto a quando lo facevo ed erano volti familiari ha dichiarato.
Più che irreale (quindi falso), ciò che LaChapelle ci mette davanti agli occhi con le sue foto è surreale (cioè oltre il reale): mostra cioè comportamenti e situazioni paradossali che danno vita a immagini surreali. Trasferisce il senso del suo lavoro dal Surrealismo, che voleva rappresentare il mondo onirico per esplorare l’inconscio individuale e collettivo, al surreale, che è una forma di realismo concettuale. Da qui le sue fotografie costituiscono un’analisi critica approfondita e pungente della società contemporanea, rappresentata attraverso una metafora continua che si può leggere come una grande allegoria dei nostri tempi. la normalità è out, ogni forma di eccesso è la vera attrattiva. L’ossessione per il corpo, il fitness e il body building portati all’estremo sono solo un aspetto della deriva estetizzante della società che da tempo ormai si spinge oltre mediante ogni genere di intervento estetico.
LaChapelle, che nelle sue opere non esprime mai posizioni moraliste, indica come gli eccessi siano strettamente intrecciati col desiderio di autoaffermazione nella società dello spettacolo.

PIETAS E AMERICAN JESUS

In Pieta l’artista propone l’immagine della Pietà rinascimentale: una contemporanea Pietà interpretata da Courtney Love sostiene il corpo di un giovane vittima della droga, evocando la tragica vicenda di suo marito, Kurt Cobain. Il dramma della perdita da parte di chi subisce il distacco da una persona cara, condensato nell’iconografia storica della Pietà, estende i suoi confini all’umanità intera, dando forma a un sentimento di empatia che si nutre di influssi derivati dal profondo interesse di LaChapelle per la storia dell’arte. In American Jesus sostituisce alla figura materna quella di Cristo stesso nei panni di un giovane hippie (American Jesus) , che regge il corpo senza vita di Michael Jackson, in una composizione ambientata in una fitta foresta dalla quale filtra una luce dorata e sovrannaturale, che lo rende vittima sacrificale e pone l’accento su quello che era il significato originario della parola pietas per gli antichi: un sentimento di amore, compassione e rispetto per gli altri, che erano ciò che Jackson, secondo LaChapelle che è stato un suo grande amico, aveva per l’umanità e ciò che l’umanità dovrebbe avvertire nei suoi confronti.

JESUS IS MY HOMEBOY/ IL MIO GESÙ PRIVATO

La propensione di LaChapelle per i temi trascendentali, quali la presenza del divino tra gli spazi del quotidiano è ben rappresentata dalla serie Jesus is my homeboy. Realizzata nel settembre del 2003 per la rivista inglese i.D.Magazine, mette in scena gruppi di giovani che indossano abiti in stile underground firmati dalla stilista Patty Wilson. Fra essi appare un Gesù tratto dall’iconografia tradizionale e avvolto da un’aura luminosa.

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Dai volti dei giovani che lo circondano, traspare un velo di incredulità e a tratti di sgomento, essi appaiono curiosi e in certo senso rapiti dalla forza catalizzante da lui emanata. Le scenografie descrivono luoghi comuni, la strada, i punti di ritrovo giovanili, le vetrine dei Fast food, interni domestici fatiscenti. I riferimenti sono agli episodi dei Vangeli: L’Ultima cena, la Resurrezione, la lapidazione dell’adultera o la Maddalena che lava i piedi a Gesù. È questo per LaChapelle il senso più profondo del rapporto col divino. In un clima di revival religioso, incentivato dal mercato degli articoli sacri e propagandato dai commmercial televisivi, una catena di abbigliamento per ragazzi – la ‘Teenage Millionaire’ di Los Angeles – diffonde indumenti stampati con l’effigie di Gesù accompagnata dalla scritta “Jesus is my Homeboy” (Gesù è il ragazzo della porta accanto).

RAPE OF AFRICA

“Rape of Africa” è un’opera sul tema della violenza nei confronti dell’Africa e cita un dipinto di Botticelli intitolato “Venere e Marte” (1485), di cui riprende con tutta evidenza l’impianto figurativo, le pose dei personaggi, alcuni simboli, come gli attributi della guerra. Tuttavia, il tema e il titolo di questa foto sembrano mutuati da un altro mito, quello del ratto d’Europa, adescata e rapita da Zeus sotto sembianze di toro, violentata e poi resa regina dell’isola di Creta. A differenza della Venere del quadro botticelliano, dallo sguardo lievemente malinconico ma dall’atteggiamento consapevole e tranquillo mentre osserva Marte dormiente, la Venere nera di LaChapelle, personificata dalla bellissima Naomi Campbell, è una donna impassibile, con lo sguardo fisso nel vuoto.
Dilaniata dalle guerre etniche, dalle tensioni politiche e dalle violazioni diffuse dei diritti umani; oltraggiata dagli abusi di potere da parte degli organi militari e dal neocolonialismo del mondo occidentale, Africa è depredata di tutto, ma mostra una dignità nettamente superiore a quella del dio Marte, dio della discordia, sprofondato nel sonno tra gli oggetti-simbolo di uno sconsiderato bottino di guerra.

VISIONI METAFISICHE/ METAPHYSICAL VISIONS

Ritengo che la ricerca metafisica sia la ricerca dell’illuminazione, una risposta al nichilismo e alla sofferenza”, una dimensione di purezza e autenticità, di ricercata armonia col mondo, lontano dalla società industrializzata. Elemento che domina la recente produzione di LaChapelle è la luce.
In questi paradisi terrestri risplendenti di luce e di tinte lisergiche il trascendente e il terreno, lo spirito e la carne si trasfondono magicamente in una dimensione psichedelica che mescola concetti orientali delle tradizioni religiose indiane a iconografie classiche cristiane. Altre immagini, di più netta derivazione iconografica orientale, presentano figure umane ritagliate e sovrapposte al paesaggio come in un collage: a metà tra santino e ritratto storico, si caratterizzano per un effetto di luce che li pervade “beatificandoli”, facendoli affiorare da una dimensione metafisica. Queste opere esplorano le esperienze umane archetipiche come la preghiera, l’amore, la nascita, quella rete empatica che unisce l’umanità, il mondo e il cosmo, non una fuga nell’irrazionale, ma una riforma esistenziale, volta a riconquistare un diverso equilibrio spirituale in seno al quale ritrovare un po’ dell’innocenza dell’infanzia e con essa una sensibilità percettiva che meglio permette di orchestrare emozione, pensiero, intuizione, devozione.